Lavorare da donne, che fatica

Commento alla situazione dell'occupazione femminile, in cui permangono difficoltà nonostante la legge sulla parità.

Dettagli

Autore
Eleonora Mensi
Data
5/6/1985
Tipologia
commento
Testata
il Corriere della Sera
Pagina
20
Periodo
Anni Ottanta
Area Tematica
Donne

Occhiello:

I mille problemi dell'occupazione femminile

Articolo:

L’insegnante, la maestra, la vigilatrice, l'infermiera: erano queste, sino a qualche anno fa, alcune delle professioni dichiaratamente femminili, «gentili» e considerate adatte alle donne. Tutto questo ora non è più vero — o almeno lo è solo in parte — ad un primo sguardo distratto rivolto al mondo dell'occupazione femminile. Attualmente le possibilità lavorative delle donne si sono ampliate, toccando campi diversi e permettendo l’inserimento professionale anche in ambiti tradizionalmente considerati maschili. Le «vigilesse» in gonna ne sono un esempio, cosi come le donne alla guida dei taxi e il recente inserimento di personale femminile all'interno dell’ATAC.
Ma il lavoro femminile, nonostante questi progressi e quelli introdotti dalla legge sulla parità 903, soffre ancora di molti mali, come sottolinea Mariella Abbatantuono, del Coordinamento femminile di Roma e del Lazio della CGIL: «L’occupazione femminile presenta ancora gravi problemi, collegati da un lato ai temi che coinvolgono tutti i lavoratori, come la disoccupazione, i licenziamenti, la cassa integrazione, dall’altro agli aspetti peculiari del lavoratore donna, come la gravidanza ed i problemi che questa porta con sé, che incidono ancora oggi nella scelta delle assunzioni, in cui si privilegiano i nominativi maschili».

I molti mali

L'antico spettro dell'«assenteismo da gravidanza» incombe ancora sulle lavoratrici, che sono lo prime ad essere incoraggiate, anche economicamente, a lasciare il posto di lavoro per il vecchio pregiudizio — ancora vivo oggi — secondo il quale una donna che lavora toglie il posto ad un capofamiglia. Questa «espulsione» dai posti di lavoro è incentivata anche dall'ingresso nel mondo del lavoro delle nuove tecnologie e dalla conseguente necessità di assumere personale specializzato. «Nonostante che nella situazione attuale», aggiunge Mariella Abbatantuono, «ci sia una fascia più numerosa di donne specializzate, il personale femminile è spesso eslcuso dai corsi di riqualificazione».
«Ad aprire le porte alle donne in questo nuovo campo di lavoro», ribadisce Gabriella Camozzi, responsabile nazionale del Coordinamento femminile della UIL, «devono essere i corsi di formazione e riqualificazione gestiti dalla Regione, dalle aziende e dal sindacato, in un quadro di progetti denominati "Azioni Positive" volti a fornire alla donna quelle conoscenze necessarie in un'area di lavoro informatizzata. Il livello di scolarizzazione delle donne è oltretutto aumentato ed al sud è addirittura superiore a quello degli uomini».
Le dattilografe degli anni Ottanta siedono davanti ad un terminale e tutte le aziende richiedono, anche nell'assunzione di personale ai più semplici livelli, conoscenze nel mondo delle nuove macchine intelligenti. Per evitare quindi che la donna sia la prima a cadere sotto l’accetta del licenziamento o sia «invitata» a lasciare il posto di lavoro, è necessario aumentare il livello di professionalità femminile.

Più combattive

«Le donne sono diventate più combattive, più forti, più qualificate», afferma Anna Corciulo, dell'Arci Donna, associazione che attualmente sta diffondendo nelle sette maggiori città italiane, tra cui Roma, un questionario elaborato con il Censis, il cui scopo è quello di portare alla luce i problemi e le difficoltà che comporta il conciliare gli orari di lavoro con gli altri impegni quotidiani, specialmente per le donne sposate, e l'utilizzo del tempo libero. «Se esiste infatti una discriminazione nei confronti della donna che lavora», sostiene Anna Corciulo «non va a colpire tanto le nubili, quanto le sposate con figli, per gli innumerevoli problemi a cui una madre lavoratrice va incontro». Sono le mille facce del lavoro nero che spesso si offrono come soluzione ai problemi dell’occupazione femminile: la maglierista in casa, la collaboratrice familiare, la baby-sitter, fanno parte di un lavoro sommerso, mal pagato e troppo frequentemente dimenticato che annovera ancora la maggior parte delle donne che lavorano.

Nuove ipotesi

Applicare la legge di parità nei nuovi contratti che prevedono la chiamata nominativa, attuare e rendere effettivi i corsi di formazione e qualificazione, creare nuovi tipi di offerta di lavoro, nuove ipotesi su cui confrontarsi: sono queste le strade da seguire secondo le sindacaliste per sanare una condizione di arretratezza e di discriminazione nel campo del lavoro femminile. Una situazione che a Roma, come in molte altre città italiane, è ancora particolarmente grave.