Anche al padre lavoratore gli stessi diritti della madre

Estesi al padre lavoratore i diritti di "maternità" previsti dalla legge 1204/1971

Dettagli

Autore
Pierluigi Franz
Data
21/1/1987
Tipologia
Commento
Testata
la Stampa
Pagina
2
Periodo
Anni Ottanta
Area Tematica
Donne

Occhiello:

Una sentenza della Corte Costituzionale estende agli uomini i benefici del perìodo di «maternità»

Sommario:

Per tre mesi, assenze pagate ali 80% per chi resta vedovo o ha la moglie malata 

Articolo:

ROMA — Un lungo passo avanti sulla strada della parità uomo-donna l'ha compiuto ieri la Corte Costituzionale, con una sentenza che riguarda quello che finora era definito burocraticamente «periodo di maternità», ma che da ora sarà anche «di paternità>>. Eccola: in caso di morte o di grave Infermità della moglie, il dipendente uomo può ottenere dall'azienda tre mesi di ferie per maternità, decorrenti dal giorno della nascita del bambino, e fino al compimento del primo anno di età del figlio può usufruire di riposi giornalieri. Questo periodo di assenza dal lavoro deve essere calcolato nell'anzianità di servizio a tutti gli effetti e deve essere retribuito dall'Inps nella misura dell'80 per cento. Dopo i primi tre mesi, il padre lavoratore ha inoltre diritto ad assentarsi dall'azienda fino ad un massimo di sei mesi entro il primo anno di vita del figlio; e, finché il bambino non compirà tre anni, potrà assentarsi anche per accudirlo se si ammala (dovrà solo presentare il relativo certificato medico). Non sarà retribuito, ma l'azienda gli conserverà il posto e considererà validi per l'anzianità di servizio anche tali periodi. La Corte Costituzionale ha cosi esteso ai padri l'efficacia della legge numero 1204 del 1971 sulla tutela delle lavoratrici madri, comprese quelle adottive e affidatarie. L'applicazione della sentenza è automatica per tutti i casi analoghi a quelli che hanno provocato l'Intervento dell'Alta Corte; per gli altri, simili nella sostanza ma non nei particolari, sarà necessario un ulteriore ricorso attraverso la magistratura. I casi considerati dalla sentenza costituzionale — che è stata redatta dal giudice Ugo Spagnoli — riguardano i lavoratori rimasti vedovi con un neonato a carico (come Franco Bruognolo di Latina e i milanesi Vittorio Ierardi e Giuseppe Smiriglia) e quelli (come il bolognese Franco Foresti) che devono accudire 11 figlio perché la moglie è gravemente malata e non è quindi in grado di prestare le necessarie cure al bambino. Le ordinanze trasmesse alla Corte Costituzionale dal Tribunale di Milano e dai pretori di Bologna. Milano e Latina riguardavano esclusivamente queste situazioni. Pertanto l'Alta Corte non ha potuto esaminare altre situazioni simili, cioè quelle del lavoratore ragazzo-padre, nonché del lavoratore padre cui viene affidato il figlio dopo la separazione dalla moglie, oppure del lavoratore padre adottivo. Appare comunque scontato che anch'essi potranno ottenere gli stessi benefici: dovranno però rivolgersi alla magistratura, lamentando l'incostituzionalità del trattamento finora ricevuto. La sentenza della Corte Costituzionale è significativa anche perché in contrasto con l'orientamento espresso due anni fa dalla Cassazione, secondo cui il lavoratore padre poteva astenersi dal lavoro per sei mesi — entro 11 primo anno di vita del bambino — ma percependo solo 11 30 per cento della retribuzione. L'Alta Corte ha ora affermato che è preminente l'interesse del bambino ad essere tutelato nel primo anno di vita. La normativa in vigore è stata ritenuta illegittima perché erano ingiustamente discriminati i bambini rimasti privi dell'assistenza della madre rispetto a tutti gli altri. E illegittima anche perché erano discriminati i lavoratori padri rispetto alle madri adottive od affidatarie senza una ragione che giustificasse tale diversità di trattamento. Inoltre venivano violati gli articoli 29, 30, 31 e 37 della Costituzione, riguardanti la tutela della famiglia. Su questo argomento intervenne due anni fa anche la Commissione nazionale per la parità tra uomo e donna, istituita a Palazzo Chigi: si schierò a favore dei lavoratori padri e chiese al Parlamento di modificare la legge 903 del '77 riguardante la parità uomo-donna sul lavoro.