Un seguito, operativo e non celebrativo, dell'8 marzo, in un giorno da ricordare per il movimento femminista, il primo dopo che è stata sancita formalmente la parità uomo-donna sul lavoro: è caduta in un'occasione particolarmente felice la presentazione dei primi risultati della ricerca sulla condizione delle lavoratrici in Provincia, ente che ha il 52 per cento di personale femminile; uno studio voluto dal Comitato pari opportunità nel febbraio del '90. Lo hanno sottolineato sia Nicoletta Casiraghi, ex presidente della Provincia, prima donna a ricoprire questa carica, sia la consigliera Mariangela Rosolen, che presiede il Comitato pari opportunità, sia l'attuale presidente della Provincia, Ricca, uno dei tre uomini presenti fra un centinaio di donne, quasi costretto a promettere ulteriori interventi «per una sempre maggior parità nella diversità». Come hanno sottolineato le due ricercatrici dell'Università che hanno coordinato lo studio, Laura De Rossi e Rosalba Seri- ni, e le componenti dei tre gruppi di lavoro interni, si è trattato solo di un'analisi preliminare dei questionari su un campione di 730 lavoratrici e su 60 «storie di vita» di dipendenti che hanno accettato di sviscerare la loro esperienza. Le elaborazioni globali arriveranno in un secondo tempo. Tuttavia emergono già così le «impari opportunità» nel perseguimento delle carriere a seconda del sesso. Ma diversa è anche la valutazione fatta da maschi e femmine: per gli uomini la carriera è centrale nella vita, per le donne è uno degli obiettivi, ma non l'unico, importante per l'autonomia ma non sufficiente per realizzare la propria personalità al suo interno. Così emerge dai questionari che le donne hanno «percorsi frastagliati» nel mondo del lavoro, elemento importante in un mercato di mobilità crescente, mentre negli uomini si osserva una maggior fedeltà all'azienda nella quale si tende a percorrere tutta la propria vita lavorativa. Peraltro, dai primi risultati, si scopre che il 70 per cento delle dipendenti provinciali ha le carriere bloccate dal titolo di studio non adeguato al tipo di qualifica: le laureate sono solo il 4 per cento contro il 10 per cento dei maschi. Ma il 25 per cento delle dipendenti sta attualmente frequentando corsi di riqualificazione professionale, mentre, su 48 dirigenti della Provincia, 6 sono donne, tutte collocate in posti strategici: personale, ecologia, legale, viabilità. Interessante è quanto si osserva nel «lavoro di cura», tipico dell'assessorato all'assistenza (diretto da un uomo), dove la professionalità derivata dalla vita privata o dall'essere donna (il senso materno, la devozione verso chi soffre) non viene valorizzata ai fini della carriera e finisce, al limite, per essere un freno verso eventuali miglioramenti o passaggi ad altri incarichi. Complessivamente, sia dai 730 questionari che dalle 60 «interviste in profondità», emerge con forza la voglia di poter partecipare attivamente al proprio lavoro. La prova di ciò viene dalla richiesta di strumenti per essere attivamente e responsabilmente partecipi. Le lavoratrici vogliono maggiori informazioni, consultazioni sugli aspetti organizzativi della propria attività (per non essere «gestite» dai dirigenti maschi), maggiori opportunità di formazione, aggiornamento e riqualificazione professionale. I maggiori problemi nascono dalla rigidità degli orari e dell'organizzazione del lavoro, che non consente alle donna di conciliare ruoli lavorativi ed extralavorativi. E' emerso, ad esempio, che la maggior parte delle lavoratrici è pendolare, con tempi di trasporto superiori ai 30 minuti, mentre la scelta della maternità incontra ancora ostacoli in molti settori che sono scarsamente propensi, almeno culturalmente, a comprendere questo naturale ruolo della donna. Insomma, la via delle «pari opportunità» reali è ancora lunga.