Le madri al lavoro

Una sentenza ha stabilito che vi è parità di trattamento tra madri naturali e madri adottive per quanto riguarda il congedo per maternità consentito dalla 1204

Dettagli

Autore
Osvaldo Paita
Data
13/6/1973
Tipologia
Commento
Testata
La Stampa
Pagina
8
Periodo
Anni Settanta
Area Tematica

Occhiello:

Sicurezza sociale

Sommario:

La legge che tutela le dipendenti del settore pubblico e privato - Sono escluse le donne che adottano uno o più figli 

Articolo:

La sentenza del pretore di Bologna che, in costanza di rapporto di lavoro e nel preminente interesse del bambino, ha stabilito parità di trattamento tra madre naturale e madre adottiva, conferisce particolare attualità alla legge 30 dicembre 1971 n. 1204 sulla tutela delle lavoratrici madri. Questa legge si applica alle lavoratrici dipendenti da imprese private, dall'amministrazione dello Stato, dalle Regioni, dalle Province, dai Comuni e, con qualche limitazione, alle lavoratrici a domicilio e alle domestiche. Ma, benché il provvedimento sia in vigore da 17 mesi, dev'essere poco conosciuto, perché da diverse parti ci chiedono di riassumerlo almeno dove tratta del periodo di astensione dal lavoro di cui le interessate possono valersi per dedicarsi alle cure del bambino nel primo anno di vita, che è poi il punto da cui è venuta la lite chiusa con la sentenza della magistratura bolognese. Ricordiamo che si tratta di una vertenza insorta fra il datore di lavoro e un'operaia dipendente da lui, licenziata perché assentatasi dal lavoro per accudire al figlio adottivo di sei mesi, benché l'imprenditore avesse respinto la sua richiesta di permesso semestrale, obiettando che tale periodo di astensione facoltativa — entro il primo anno di vita del bambino — riguarderebbe soltanto le lavoratrici che hanno generato figli e non quelle che li hanno adottati. Il pretore dott. Governatori, chiamato a decidere, è stato di diverso avviso, sostenendo invece che le necessità del piccolo in questo primo e più difficile periodo della sua vita sono prevalenti «per evidenti ragioni sociali, sul diritto del datore di lavoro alla prestazione della dipendente». In sostanza, il magistrato ha dato ragione alla lavoratrice, che dovrà essere riassunta, perché l'articolo 7 della legge in questione stabilisce fra l'altro che durante i sei mesi di astensione facoltativa dal lavoro l'interessata ha diritto alla conservazione del posto. E poiché al successivo articolo 15 è detto che «a partire dal primo gennaio 1973 le lavoratrici — escluse quelle a domicilio e quelle addette ai servizi domestici — hanno diritto ad un'indennità giornaliera pari al 30 per cento della retribuzione per tutto il periodo di assenza facoltativa dal lavoro», l'operaia in questione dovrebbe poter fruire di questo trattamento da parte dell'Inam, che è l'ente a cui è affidata la tutela delle lavoratrici madri e che durante i cinque mesi di astensione obbligatoria dal lavoro delle gestanti (due mesi prima del parto e tre mesi dopo il parto) corrisponde alle interessate un'indennità che è equivalente all'80 per cento della retribuzione. In altre parole, la parità di trattamento fra madre naturale e madre adottiva dovrebbe essere recepita dall'Inani anche se la sentenza vale solo per le parti in causa. L'Inam è un ente mutualistico per i lavoratori, amministrato dai lavoratori e quindi ovviamente aperto a questa umana interpretazione della legge, che ha nella vocazione materna della donna — comunque soddisfatta — la sua più legittima destinataria.